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ARTICOLI

L'équipe ci parla di alcuni temi interessanti da approfondire insieme!

  • Le funzioni esecutive in età prescolare

    Le Funzioni esecutive (FE) sono quelle abilità cognitive che rendono un individuo capace di eseguire un comportamento indipendente, finalizzato e adattivo (Lezak, 1983). Sono state individuate da Miyake e colleghi (2000) tre componenti principali delle funzioni esecutive:

    • l'inibizione: è l'abilità di controllare le risposte automatiche predominanti, che possono interferire con il comportamento finalizzato;

    • la memoria di lavoro: è l'abilità di mantenere, aggiornare ed elaborare le informazioni a mente nel tempo utile alla risoluzione di un compito

    • la flessibilità cognitiva: è la capacità di cambiare prospettiva spaziale o interpersonale, l'abilità di adattarsi ed essere flessibile in base dai cambiamenti che si verificano nell'ambiente circostante e che ci consentono di cambiare schema comportamentale a seguito di una sollecitazione esterna.


    Dal punto di vista anatomico le FE sono collocate nella corteccia frontale cerebrale. La maturazione delle FE inizia nei primi mesi di vita ma si sviluppa e consolida in adolescenza e in giovane età adulta. 


    Ma quando nascono nell'uomo le funzioni esecutive?

    • L'inibizione si sviluppa molto presto, già nel corso del primo anno di vita e subisce rapidi cambiamenti tra i 2 e i 6 anni. In questo periodo, l'abilità di risolvere conflitti si sviluppa lentamente , intorno ai 4 anni il bambino è in grado di eseguire compiti che richiedono diversi tipi di abilità inibitorie dalla semplice inibizione della risposta motoria ad abilità più complesse.

    • La memoria di lavoro compare nel primo anno di vita, pensiamo alla capacità del bambino di rappresentare mentalmente un oggetto. Tra i 3 e i 5 anni invece, si ha la capacità di trattenere un'informazione nella propria mente come ad esempio il ricordare più numeri a mente e poi ripeterli.

    • La flessibilità cognitiva ha uno sviluppo più tardivo, intorno ai 6 anni e fortemente associata alla memoria di lavoro.


    Perché è importante parlare di Funzioni Esecutive?

    Il periodo prescolare è il momento cruciale in cui avvengono i maggiori cambiamenti a livello quantitativo e qualitativo delle FE, e che coinvolgono la maturazione dei processi cognitivi tra cui la formazione e l'uso delle regole. 


    Attualmente esistono diversi strumenti di valutazione, giochi ed esercizi per valutare e potenziare le  funzioni esecutive.

  • Il metodo 'Feuerstein' - Un metodo sempre attuale dove l'adulto è motivatore dell'apprendimento

    Prima di parlare del Metodo Feuerstein è indispensabile fare una premessa. Dobbiamo sapere a chi è rivolto il metodo per “imparare ad imparare”, chi è quindi il giovane d’oggi e quali sono i suoi interessi e abitudini.


    Il ragazzo di oggi ha a disposizione, come mezzi d’informazione, le nuove tecnologie. Queste hanno determinato cambiamenti negli stili cognitivi e di apprendimento, con una percezione diversa rispetto al passato del tempo (durata) e dello spazio (distanza).


    In poche parole, oggi le notizie e le informazioni viaggiano velocissime nel web e anche le distanze tra le persone si accorciano, con una video-chiamata possiamo contattare il nostro amico dall’altro capo del mondo.


    Tutto questo come si traduce in un contesto educativo?

    L’insegnante, il genitore, il terapista, ecc. non sono più detentori del sapere, né protagonisti assoluti. Le conseguenze dei cambiamenti moderni restituiscono all’adulto il vero ruolo.


    Per le nuove generazioni attuali, come mai è accaduto nella storia dell’uomo, esiste un sapere, quello tecnologico appunto, a proposito del quale le generazioni adulte non sono uniche e totali detentrici né in termini di contenuti, né di procedure d’uso, né di significato, né di strategie cognitive impegnate nella loro manipolazione, né di linguaggi specifici; l’adulto non può più essere un comunicatore di tecniche, principi, valori.


    Invece, è colui che motiva ad apprendere, incuriosisce, sollecita l’attenzione alla lettura e alla comprensione di qualsiasi testo: poetico, narrativo, sociale, comunicativo ecc.… affinché sviluppi un pensiero critico e autonomo.


    Perché un ragazzo dovrebbe, quindi, ritenere più interessante una lezione in classe se poi può utilizzare lo smartphone e può trovare contenuti, almeno in apparenza, più accattivanti e motivanti?


    Noi come genitori, insegnanti, terapisti, educatori, come possiamo fare la differenza nel loro percorso di crescita personale e professionale?


    Possiamo agire trasversalmente, andando a mediare gli apprendimenti e andando a stimolare le funzioni cognitive, il pensiero critico, la curiosità per il sapere.


    Sicuramente ci può venire in aiuto il Metodo ‘Feuerstein’: andiamo a vedere da dove nasce e di che cosa si tratta.


    Il Metodo ‘Feuerstein’, nato in Israele nel secondo dopoguerra dal professor Reuven Feuerstein, è oggi diffuso in 50 paesi e tradotto in 17 lingue. Inizialmente sperimentato per ragazzi con difficoltà di apprendimento, viene oggi utilizzato con successo per sfruttare al meglio il proprio potenziale cognitivo, imparando a ragionare e a risolvere problemi in maniera autonoma. Il giovane allievo, ad esempio, sarà abile nell’affrontare i compiti scolastici e quotidiani in maniera più organizzata ed efficiente. Con oltre 500 esercizi carta e matita lo scopo è “imparare ad imparare”.Metodo Feuerstein


    Il metodo pone grande importanza agli stili cognitivi e alla consapevolezza metacognitiva del proprio modo di apprendere. Questo permette all’allievo di utilizzare poi in altri contesti gli apprendimenti e i processi acquisiti e manipolarli autonomamente.


    I diversi campi applicativi del metodo ‘Feuerstein’ sono:


    scuola

    riabilitazione

    disabilità cognitiva

    disagio giovanile

    educazione adulti

    formazione professionale e aziendale

    prevenzione del decadimento cognitivo

    L’esperienza dell’apprendimento mediato: anche nel 2020 è necessario un adulto che faccia da mediatore per l’apprendimento, non basta uno smartphone!

    Il concetto di mediatore è uno dei pilastri del metodo ‘Feuerstein’.


    Il ragazzo apprende non solo perché è esposto a stimoli ambientali – al giorno d’oggi possiamo pensare, ad esempio, all’esposizione ai contenuti di Youtube senza il controllo dell’adulto – ma anche perché tra lui e l’ambiente si interpone, un genitore, un insegnante, un terapista che svolgono un ruolo di mediazione.


    Il mediatore propone al bambino stimoli calibrati che più si avvicinano al suo processo e livello di apprendimento, fornendo chiavi di lettura e strategie che possono essere utilizzate e rielaborate da lui in altri contesti. L’esperienza di apprendimento mediato si riferisce al “come” interagiamo con il bambino piuttosto che ai contenuti. Pensiamo a un bimbo che viene esposto agli stimoli che la mamma gli fornisce, più adatti al suo livello di crescita. Se è piccolo, la madre utilizzerà vocalizzi e una buona mimica facciale, mano a mano che sarà più grande utilizzerà parole e frasi sempre più complesse.


    Solo qualche esempio di domanda di mediazione, pensando a un adulto che aiuta un ragazzo a comprendere una qualsiasi pagina di un testo scritto:


    Che cosa vedi nella pagina?

    Ci sono strade alternative per arrivare al tuo risultato?

    Come possiamo riflettere sull’errore?


    Se ci focalizziamo sull’età evoluta, il metodo utilizza due programmi principali:


    P.A.S. Basic (programma di Arricchimento strumentale per le funzioni cognitive di base: un programma di educazione cognitiva per i bambini in età prescolare o nelle situazioni di difficoltà delle funzioni cognitive di base (ad es. disturbi dell’apprendimento, paralisi cerebrale, disabilità cognitiva, ecc…). Gli obiettivi sono: dare dei contenuti di base e allenare anche i processi del pensiero;

    P.A.S. (programma di Arricchimento strumentale): è rivolto ai bambini dai 7-8 anni, ai ragazzi della scuola media e ai giovani adulti. L’obiettivo è quello di potenziare la propensione del discente per renderlo stabilmente capace di rispondere in modo proattivo agli stimoli ambientali, lavorando sempre in un’ottica che vada al di là dei meri contenuti di volta in volta proposti.


  • Il metodo 'Zora Drezancic' - Le prime stimolazioni del linguaggio per bambini da 6 mesi a 3 anni di età

    Il metodo 'Drezancic' nasce dall'ideatrice, Zora Drezancic. Zora nasce in Croazia nel 1922, si forma  in ambito musicale e pedagogico, consegue la laurea in Pedagogia, un dottorato in Scienze, persegue importanti scoperte sulla pedagogia fondata sull'utilizzazione delle stimolazioni musicali nella demutizzazione dei bambini sordi. Sintetizza il suo lavoro nel 1980 nel libro “Il metodo creativo, stimolativo, riabilitativo della comunicazione orale e scritta con le strutture musicali di Zora Drezancic”.


    Il metodo si avvale di quattro programmi, divisi per fasce di età. Ci soffermeremo sul primo, quello “audio-fono-psicomotorio”, rivolto ai bambini dai sei mesi ai tre anni di età.

    L'adulto cattura l'attenzione del bambino attraverso vocalizzazioni associate ai giochi. Ogni vocale, consonante, sillaba, parola, canzoncina, corrisponde a un preciso gioco (gioco fonico) e a specifici movimenti delle mani e del corpo. La ripetizione di queste stimolazioni vocali associate ai giochi fonici permette al bambino di ascoltare, mantenere l'attenzione sull'adulto, sulla mimica facciale, sui movimenti e memorizzare. É sorprendente notare come, con il passare del tempo, il bambino interiorizza quando appreso e ripropone gli stessi vocalizzi e movimenti associati al gioco fonico che si ritrova a manipolare.

    Il programma si basa dunque sulla stimolazione del linguaggio attraverso l'attivazione delle vie neurali attraverso:

    • prime imitazioni vocali;

    • sensibilizzazione all'ascolto;

    • stimoli vocali creati utilizzando un giocattolo per ogni suono;

    • evocazione dello stimolo vocale, guardando il giocattolo scelto a esso associato;

    • riconoscimento uditivo degli stimoli vocali di cui sopra;

    • pronuncia delle prime parole con significato (principale scoperta del bambino in questo periodo).


    Il metodo è utile per tutti i professionisti che si occupano di prevenzione, potenziamento e recupero delle abilità e dello sviluppo del linguaggio, ma è un valido supporto anche per gli educatori e i genitori che vogliono sostenere l'avvio della comunicazione verbale del bambino.

    L'utilizzo del programma, quindi, è molto utile per tutti i bambini e costituisce una stimolazione naturale e preventiva anche per i cosiddetti “parlatori tardivi”.


    Il metodo, seppur molto strutturato, si rende altrettanto flessibile e adattabile al singolo bambino. Il terapista sceglie quali vocali, consonanti, sillabe e/o parole allenare in base al livello di sviluppo del bambino. Inoltre, il programma “audio-fono-psicomotorio” si basa sulla naturale acquisizione della progressione fonetica per la lingua italiana, che ricordiamo:


    Progressione fonetica (Drezancic, 1982)

     PA BA MA  

     TA DA NA  

     LA VA FA  

     SA /za/ SCIA IA GLIA 

     RA CA GA  

     ZA CIA GIA GNA 


    Bibliografia: Il metodo Drezancic nei bambini dai primi mesi di vita ai tre anni. (Basili, Lanzra, Zanobini) 2011 Giunti O.S. Organizzazioni speciali - Firenze

  • L'autoregolazione in età prescolare

    L’AUTOREGOLAZIONE IN ETÀ PRESCOLARE

    L’autoregolazione è uno degli obiettivi più importanti dello sviluppo ed è definita come la capacità degli individui di modificare in maniera adattiva il proprio comportamento in base alle circostanze ambientali, le esigenze e le richieste sociali. È l’insieme di abilità che possono essere distinte in tre componenti:

    • La capacità di controllare atti motori e impulsi comportamenti (regolazione comportamentale).

    • La capacità di riconoscere, nominare, modulare e gestire le proprie emozioni (regolazione emotiva).

    • La capacità di orientare le proprie risorse cognitive nella risoluzione di un compito complesso, ovvero di focalizzare il focus attentivo su elementi chiave, spostarlo se necessario, e mantenere informazioni utili in memoria durante l’attività (regolazione cognitiva).

    Tali componenti appaiono in forme rudimentali già dal primo anno di vita, ma si sviluppano più marcatamente durante la scuola dell’infanzia. I bambini, infatti, acquisiscono la capacità di inibire risposte, di pianificare piccole azioni finalizzate, di ragionare secondo un insieme di regole, di modulare le proprie emozioni, le proprie capacità motorie e i propri impulsi in base al contesto e richieste ambientali.  Queste abilità sono strettamente collegate fra loro e nella loro interconnessione ha un ruolo fondamentale lo sviluppo delle Funzioni Esecutive. Quest’ultime sono una serie di abilità cognitive attuate dall’individuo per pianificare e raggiungere uno scopo non automatizzato. Le funzioni di base sono il controllo inibitorio, la memoria di lavoro e la flessibilità cognitiva. Nello sviluppo tipico queste abilità emergono nella prima infanzia e si sviluppano nell’età prescolare: il controllo attentivo e inibitorio emergono intorno al quarto anno di età, la flessibilità cognitiva fra i 4 e i 5 anni. È stata evidenziata da diversi studi la relazione fra FE e abilità prescolastiche: infatti le prime hanno un ruolo fondamentale nella comparsa della lettura e nelle abilità matematiche, da quelle più semplici alle più complesse.  Le FE hanno un ruolo importante anche nello sviluppo socio-emotivo e socio-relazionale, influendo sul riconoscimento delle conseguenze delle proprie azioni e nella comprensione degli stati mentali dell’altro.

    Diversi studi hanno dimostrato l’efficacia nello sviluppo evolutivo di proposte di intervento mirato a uno o più funzioni esecutive, tenendo conto del livello atteso per l’età e della globalità del bambino. In questo lavoro è importante, dopo aver compiuto valutazione e osservazione, individuare i punti di forza del bambino, così da basarlo sulle competenze emergenti del bambino e successivamente usarle per colmare le lacune create dai punti di debolezza. È efficacie quindi stimolare l’emergenza di un dominio delle funzioni esecutive carenti sfruttando le competenze di un altro dominio, delle altre aree di sviluppo o del piacere sensomotorio e socio-relazionale.

    È sempre importante tenere in mente che le FE si sviluppano in maniera progressiva e intrecciata fra loro e spesso vengono messe in atto contemporaneamente all’interno di un compito. Qualora si vogliano attivare correttamente i domini di base prima citati bisognare tenere presente che per lavorare sull’inibizione è fondamentale creare un’attesa al raggiungimento di uno stimolo piacevole e promuovere la tolleranza al bisogno e la capacità di rimandare, sulla memoria di lavoro bisogna stimolare la manipolazione e l’aggiornamento di informazioni già acquisite e sulla flessibilità cognitiva è necessario mettere il bambino nella condizione di passare da un compito al suo inverso o ad uno diverso. 

    È importante che le richieste per la stimolazione delle FE utilizzino sia la percezione visiva, che quella tattile e verbale. 

    L’obiettivo fondamentale della stimolazione delle FE è la generalizzazione delle funzioni e della abilità nei diversi ambiti della vita quotidiana. È per questo rilevante la collaborazione con il genitore, per investire le competenze apprese in maniera adattiva e per trasformarle in vere e proprie strategie educative.

    Bibliografia: Conti Silvia et al., Erickson, 2020. Attività neuro e psicomotorie per bambini con deficit di autoregolazione e ADHD. Materiali operativi per allenare le funzioni esecutive in età prescolare. 

  • Consumare una spremuta di arancia è uguale a consumare un’arancia intera?

    L’arancia, da un punto di vista nutrizionale (valore per 100g), è costituita da:

    • 87g di acqua;

    • 10 g di zuccheri; 

    • 1,6g di fibra alimentare;

    • 0,7g di proteine e da una buona parte di Vitamine e Sali minerali tra cui spiccano Calcio, vitamina C e vitamina A.

    La spremuta, a sua volta, ha una composizione chimica molto simile a quella dell’arancia se non fosse per una componente fondamentale di cui è assente: la fibra. 

    La fibra nella nostra alimentazione, e specialmente nelle diete ipocaloriche, gioca un ruolo essenziale in quanto ci aiuta a controllare i valori di zuccheri del sangue dopo il pasto e determina un rallentamento dello svuotamento gastrico, aumentando il senso di sazietà. 

    Detto in parole semplici, saremo più sazi per più tempo. 

    Ma non è finita qui, nella differenza tra arancia e spremuta, c’è un altro fattore da considerare e cioè che la spremuta contiene molti più zuccheri rispetto all’arancia: 2 o 3 volte tanto. 

    Ma com’è possibile, se abbiamo detto che la composizione chimica è pressoché simile? 

    Perché per fare una spremuta non ci basta solo un’arancia ma ce ne vogliono almeno 2 o 3!! Senza contare chi è solito aggiungerci dello zucchero.

    Dunque se una spremuta d’arancia ha un contenuto di zuccheri maggiore e un potere saziante minore per la mancanza di fibra, viene da sé che bere una spremuta non è la stessa cosa che mangiare il frutto stesso. 

    ATTENZIONE: ciò non significa che da oggi in poi la spremuta non vada più bevuta! La spremuta d’arancia è sicuramente un prodotto genuino, e per questo preferibile al classico succo di frutto. Va bene consumarla ma con la consapevolezza che un frutto intero conferisce maggior senso di sazietà, contiene più fibra e ci dà l’idea di cosa realmente stiamo mangiando.


    LO SAPEVI ?

    La vitamina C è una sostanza volatile – tende cioè a disperdersi nell’aria – 

    per questo una volta preparata la spremuta, andrebbe bevuta subito.

  • Il consumo di uova aumenta il colesterolo ematico?

    Chi di voi non ha sentito dire almeno una volta nella vita, che le uova fanno male perché aumentano i livelli di colesterolo nel sangue e di conseguenza il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari? Ma è davvero così?

    L’uovo, da un punto di vista strutturale e nutrizionale, è costituito da tre parti:

    • Guscio: composto da carbonato di calcio;

    • Albume (bianco): un concentrato di proteine;

    • Tuorlo (rosso): costituito principalmente da grassi.


    Per anni le uova sono state oggetto di demonizzazione a causa del loro contenuto in grassi, in particolare di colesterolo. 

    Oggi si sa che i livelli di colesterolo ematico dipendono dall’80% da una produzione endogena e cioè da parte dell’organismo, mentre dal 20% dall’alimentazione. Non solo, sembrerebbe che non sia tanto il colesterolo introdotto con la dieta a interferire sui livelli di colesterolo nel sangue ma quanto gli acidi grassi saturi e acidi grassi trans.

    Tra gli studi recenti, uno studio scientifico degno di nota che è stato pubblicato nel gennaio 2020 sul British Medical Journal e condotto su ben 5 milioni di persone per un periodo di 32 anni, ha evidenziato come il consumo di uova (anche il consumo giornaliero) non fosse associato al rischio di sviluppare una malattia cardiovascolare.

    Attenzione con questo non sto dicendo che da oggi si ha il via libera al consumo di uova tutti i giorni, ma solo facendo un po’di chiarezza sfatando qualche mito. 

    Ricordatevi che un regime alimentare sano ed equilibrato è un regime variegato, per cui è fondamentale variare quanto più possibile le fonti proteiche nell’arco della settimana. 


    Lo Sapevi? 

    Le proteine dell’uovo, come in generale le proteine animali, sono ad “elevato valore biologico” e cioè complete per la presenza di amminoacidi essenziali, definiti tali in quanto il nostro organismo non è in grado di sintetizzarli e per cui è necessario introdurli con l’alimentazione. Tuttavia il valore biologico delle uova è più alto di qualsiasi altro alimento proteico (latte, pesce e carne di manzo), perché la proteina dell’uovo possiede un perfetto equilibrio tra aminoacidi trattenuti e amminoacidi assorbiti. 

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